Olivi e freddo sono un binomio che non va proprio d’accordo, i cambiamenti climatici con inverni in generale meno rigidi hanno anche permesso un’olivicoltura in zone sempre più a nord ed in quota, ma questo altalenarsi di eventi intensi ci sta creando situazioni sempre più complesse da gestire e non prive di picchi delle temperature in basso, come accaduto nelle settimane passate. Negli ultimi anni, di contro, abbiamo assistito a nevicate e a minimi termici sotto zero anche in aree del sud Italia, tipicamente con climi più miti.
In occasione di eventi simili la fantasia si sfoga e abbiamo potuto sentito frasi come: “passato il freddo gli faccio un trattamento fogliare con urea!” Bene, sediamoci e riflettiamo un po’.
Ci sono due principi operativi che ci devono guidare sia prima che dopo un evento avverso: cautela ed equilibrio.
Cautela nel come e quando eseguire le operazioni, perchè in realtà possiamo accentuare i danni già presenti, o eliminare legno non molto danneggiato, ed equilibrio perchè le azioni devono essere in sinergia tra loro e costantemente rivolte ad una equilibrata crescita e sviluppo della pianta ai fini produttivi.
Guardando la situazione, possiamo riassumere che le piante si possono trovare con danni di differente entità e grado, anche in funzione del reale freddo che hanno subito, eventualmente in combinazione con altri fenomeni quali nevicate e pioggia o umidità prolungata e stato vegetativo della pianta, che possono averne accentuato/attenuato gli effetti.
Danni leggeri alle foglie con cambiamento di colore e alterazioni della consistenza.
Danni per gradi dai rametti più piccoli, ai rami più grandi, alle branchette, alle branche e al tronco, mano a mano con l’aumentare dell’intensità del freddo e in combinazione con l’umidità.
Altri danni possono riguardare la corteccia ed i primi strati dei tessuti, oppure colpire il sistema vascolare dei rami e delle branche, i primi con danni facilmente recuperabili dalle piante ma che possono rappresentare le porte di accesso a malattie ed insetti, mentre i secondi sono più consistenti e profondi.
Le nevicate possono causare danni quali stroncature dei rami e/o branche, caso in cui non resta che tagliare per pulire il punto di rottura irregolare, là dove meglio si infiltra e si insediano acqua ed eventuali patogeni e parassiti. Attenzione a non tagliare troppo perchè eventuale ulteriore freddo potrebbe danneggiare il moncone; ancora meglio sarebbe proteggere i grossi tagli con mastice disinfettato.
Per scegliere cosa fare sarà importante non intervenire in modo avventato, ma ponderando bene la situazione e le soluzioni possibili, ancor più se le operazioni scelte non saranno reversibili, ad esempio un taglio importante lo posso posticipare di qualche settimana e valutare il reale danno che si manifesterà.
Se invece devo eseguire un trattamento con antistress, con biostimolanti o con prodotti rameici che devono solo avere le corrette condizioni di distribuzione per agire, si può intervenire più celermente.
Dopo qualche settimana sarà possibile valutare il danno reale e pianificare la corretta potatura del legno pesantemente danneggiato; appare evidente che dove era già stata effettuata la potatura, gli alberi saranno stati esposti a maggiori danni, e con meno vegetazione tra cui scegliere cosa valga la pena lasciare.
Risulta in generale auspicabile l’uso di concimazioni fogliari con effetti antistress che aiutino la pianta a riequilibrare le funzioni fisiologiche, e ad affrontare meglio la conclusione della stagione invernale.
Nelle situazioni in cui vi sono ferite sulla corteccia o rotture dei rami è auspicabile al rialzo della temperatura minima e massima effettuare un trattamento con prodotti a base di rame o con induttori di resistenza che contengano l’eventuale diffondersi della rogna.
Assolutamente da evitare in questa fase l’utilizzo di concimazione azotata che andrebbe a spingere molto la vegetazione in caso di rialzo delle temperature, causando uno squilibrio della pianta e spingendo alla differenziazione a legno delle gemme; inoltre, non è da sottovalutare una conseguente forte esposizione a rischi di danno in occasione di freddo tardivo, possibili sino a metà/fine aprile.
Un punto fondamentale è che per agire bene non è tanto importante cosa penso ma cosa vedo, analizzare caso per caso, ramo per ramo e pianta per pianta, e solo dopo indirizzare il ragionamento su cosa sia meglio fare: “questo ramo è danneggiato, è secco, quindi cosa faccio? Lo disinfetto … lo riduco con una potatura leggera … o sono costretto a fare un taglio di ritorno?”. E ricordiamoci che i danni sono già stati molti, più chioma riuscirò a salvare meglio sarà per la produzione futura, ed eventualmente sarò sempre in tempo nei prossimi mesi ad eliminare le eventuali parti che non sono riuscite a riprendere correttamente la vegetazione.
Di Angelo Bo
Pubblicato su Teatro naturale il 09 Marzo 2018 leggi l’articolo orginale