Nell’articolo della settimana scorsa abbiamo parlato di difesa in agricoltura integrata, presentiamo ora qualche approfondimento per il mondo del Bio, sia per chi ha oliveti certificati, che per tutti quegli olivicoltori professionali che vogliono operare con alternative ai prodotti chimici di sintesi. Ricordo anche che, come già detto nel precedente articolo, l’agricoltura integrata obbligatoria impone l’alternanza degli strumenti di difesa e predilige tutto ciò che garantisce un minor impatto sull’ambiente e sulla salute. Di conseguenza le strategie bio sono una risorsa importante anche per chi fa integrato.
Fare bio prima di tutto vuol dire approcciare i problemi di coltivazione con una mentalità che differisce drasticamente dalla medicalizzazione che ci ha portato la cultura della chimica, ossia “ho un problema, quale prodotto uso?”. Per fare bene in bio devo partire dalla gestione agronomica per avere piante più in equilibrio possibile, perché spesso avere, ad esempio, squilibri nutrizionali comporta maggiori problemi fitosanitari.
Inoltre, per l’operatore bio tutti quegli esseri naturali che possono contenere i problemi fitosanitari, quindi insetti e funghi utili devono essere salvaguardati, essendo i suoi più grandi alleati; quindi oltre ad utilizzare solo prodotti di origine naturale (e non di sintesi) previsti dai regolamenti, si deve sempre rivolgere a quegli strumenti o strategie che per “curare” un problema non ne creano di più grossi. Non cadiamo nella faciloneria che tutto ciò che è naturale, è “buono”. Ad esempio, un insetticida ad ampio spettro uccide l’insetto dannoso ma sicuramente molti altri utili che in natura contengono senza problemi i così detti insetti minori della coltura; con un uso non attento di tale prodotto l’olivicoltore potrebbe così alterare un equilibrio che funziona con l’aumento di danni fino ad allora sconosciuti.
E’ chiaro che il biologico si possa fare meglio in zone vocate, e l’olivo si presta molto spesso ad essere coltivato in bio perchè ha pochi insetti e malattie “maggiori”. Uno dei pochi insetti che è in grado di creare danni seri è la mosca delle olive e l’olivicoltore bio su questo si deve concentrare, anche se quest’anno sembra che i problemi più grossi arrivino dall’andamento stagionale con una allegagione ridotta rispetto ad una generale buona fioritura, seguiti da condizioni di stress idrico molto diffusi, ma non tutto il male viene per nuocere, perchè se la scarica produttiva aumenta i rischi di mosca, sicuramente le temperature elevate hanno un effetto di contenimento su uova e larve giovani.
I famigerati cambiamenti climatici che si stanno verificando sono a mio avviso il nemico principale perchè ci hanno tolto quelle poche certezze sui periodi di sviluppo, comportamento e andamento dell’insetto nelle varie aree di coltivazione. Di conseguenza la prima sfida per l’olivicoltore è essere mentalmente preparato e avere “in tasca” i piani per affrontare almeno due o tre situazioni differenti.
In bio la difesa dalla mosca si basa su strategie difensive, quindi non è possibile ragionare in base alle soglie di intervento dell’agricoltura con larvicidi, perchè è necessario prevenire l’ovodeposizione nelle olive, ma ci possono aiutare le trappole per il monitoraggio, che ci daranno un’indicazione sulla partenza dei voli della prima generazione; successivamente le trappole ci possono servire a capire (nel caso di utilizzo degli attrattivi) se il sistema “tiene”, infatti se il prodotto distribuito funzionerà i voli dovranno essere azzerati, assieme al campionamento al binoculare, descritto nell’articolo dell’agricoltura integrata, che ci può servire periodicamente a verificare con ulteriore approfondimento la tenuta del sistema ed a valutare il reale danno che stiamo eventualmente subendo.
Le strategie a disposizione sono tendenzialmente due:
– con repellenti, tenendo lontane le femmine dalle olive per il fastidio causato dal prodotto o anche per il cambiamento cromatico: rendendo, infatti, tutta la chioma bianca, le olive sono meno individuabili (ad es il rame, caolino, calce etc);
– con attrattivi alimentari avvelenati, in questo caso un alimento viene spruzzato sulla pianta o su appositi pannelli, bottiglie o altro ed ha la funzione di attirare le mosche, può essere avvelenato con differenti insetticidi che comunque risultano in piccole quantità per ettaro: ad esempio pochi grammi contro i 4/500 grammi del trattamento insetticida con alcuni larvicida (ad es mass trapping, spintor fly, bottiglia con esca e insetticida)
Le strategie sono esattamente opposte e possono dare i migliori risultati in condizioni completamente differenti, vediamo quali possono essere.
I repellenti possono essere usati anche su superfici più piccole se gli attacchi della mosca non sono particolarmente aggressivi.
Gli attrattivi devono essere usati su superfici minime di 3/5 ettari.
In entrambi i casi gli studi dicono chiaramente che se utilizzati su aree molto grandi il loro funzionamento migliora.
Entrambe le strategie soffrono, anche se in misura differente, il dilavamento in caso di pioggia battente.
I repellenti richiedono costi di distribuzione alti visto che devono coprire al meglio tutta la superficie vegetale, ma hanno una buona persistenza.
Le trappole e le bottiglie presentano costi di acquisto e di posizionamento abbastanza elevati. In caso di utilizzo di insetticida, si presenta a fine campagna anche il problema della rimozione e dello smaltimento corretto secondo la normativa dei prodotti fitosanitari.
Le esche avvelenate tipo spyntor fly non hanno una lunga efficacia, circa sette giorni, ma presentano una distribuzione molto veloce.
I tempi di carenza vanno dai trenta giorni dei prodotti che contengono rame, ai sette giorni dello spyntor fly che, quindi, bene si presta a coprire anche le fasi pre-raccolta in cui è difficile prevedere l’evoluzione della maturazione e scegliere il momento esatto della raccolta con anticipo.
E’ importante sottolineare come alcuni prodotti che hanno effetti collaterali contro la mosca come il caolino, la calce in alcuni formulati, hanno prima di tutto capacità di ridurre i danni da caldo ed insolazione sulla vegetazione, quindi possono aiutare la pianta ad affrontare meglio periodi siccitosi e caldi con una maturazione più regolare e minori rischi di cascola dei frutti.
Di Angelo Bo
Pubblicato su Teatro naturale il 23 giugno 2017 leggi l’articolo orginale